martedì 9 febbraio 2010

pag.24 ) La stagione delle stragi




La strage di Bologna, compiuta sabato 2 agosto 1980, è uno degli atti terroristici più gravi avvenuti in Italia nel secondo dopoguerra. Per Bologna e per l'Italia è stata una drammatica presa di coscienza della recrudescenza del terrorismo.

Alle 10:25, nella sala d'aspetto di 2° classe della Stazione di Bologna Centrale, affollata di turisti e persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplode uccidendo ottantacinque persone e ferendone oltre duecento. La città reagì con orgoglio e prontezza: molti cittadini prestarono i primi soccorsi alle vittime e contribuirono ad estrarre le persone sotterrate dalle macerie. Non essendo sufficienti le ambulanze per trasportare i feriti agli ospedali cittadini, vennero impiegati anche autobus come il 37, auto private e taxi. Per curare i feriti medici e infermieri tornarono dalle ferie e furono riaperti i reparti chiusi per l'estate.

Struttura dell'ordigno
La bomba era composta da 23 kg di esplosivo, una miscela di 5 kg di tritolo e T4 detta "Compound B", potenziata da 18 kg di gelatinato (nitroglicerina ad uso civile). L'esplosivo, di fabbricazione militare, era posto in una valigetta sistemata a circa 50 centimetri d'altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell'ala ovest della stazione, allo scopo di aumentarne l'effetto.[1] La detonazione si udì nel raggio di molti chilometri e causò il crollo di un'ala intera della stazione investendo in pieno il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario e il parcheggio dei taxi antistante.

Indagini giudiziarie
La stazione dopo l'esplosioneSubito dopo l'attentato, il governo italiano, presieduto da Francesco Cossiga, e le forze di polizia attribuirono lo scoppio a cause fortuite, ovvero all'esplosione di una caldaia nel sotterraneo della stazione. Non appena apparvero più chiare le dinamiche e fu palese una matrice terrorista, attribuirono la responsabilità della strage al terrorismo nero.

Già il 26 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna emise ventotto ordini di cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari: Roberto Fiore e Massimo Morsello (futuri fondatori di Forza Nuova), Gabriele Adinolfi, Francesca Mambro, Elio Giallombardo, Amedeo De Francisci, Massimiliano Fachini, Roberto Rinani, Giuseppe Valerio Fioravanti, Claudio Mutti, Mario Corsi, Paolo Pizzonia, Ulderico Sica, Francesco Bianco, Alessandro Pucci, Marcello Iannilli, Paolo Signorelli, PierLuigi Scarano, Francesco Furlotti, Aldo Semerari, Guido Zappavigna, GianLuigi Napoli, Fabio De Felice, Maurizio Neri. Vengono subito interrogati a Ferrara, Roma, Padova e Parma. Tutti saranno scarcerati nel 1981.

Depistaggi e disinformazione
Vi furono svariati episodi di depistaggio, organizzati per far terminare le indagini, dei quali il più grave è quello ordito da parte di alcuni vertici dei servizi segreti del SISMI, tra i quali Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, che fecero porre in un treno a Bologna, da un sottufficiale dei carabinieri, una valigia piena di esplosivo, dello stesso tipo che fece esplodere la stazione, contenente oggetti personali di due estremisti di destra, un francese e un tedesco. Musumeci produsse anche un dossier fasullo, denominato "Terrore sui treni", in cui riportava gli intenti stragisti dei due terroristi internazionali in relazione con altri esponenti dell'eversione neofascista, tutti legati allo spontaneismo armato, senza legami politici, quindi autori e allo stesso tempo mandanti della strage.

Francesco Cossiga, il 15 marzo 1991, al tempo della sua presidenza della Repubblica, affermò di essersi sbagliato a definire "fascista" la strage alla stazione di Bologna e di essere stato mal indicato dai servizi segreti. Attorno a questa strage, come era già avvenuto per la Strage di piazza Fontana nel 1969, si sviluppò un cumulo di affermazioni, controaffermazioni, piste vere e false, tipiche di altri tragici avvenimenti della cosiddetta strategia della tensione.

Condanne
Lentamente e con fatica, attraverso una complicata e discussa vicenda politica e giudiziaria, e grazie alla spinta civile dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, si giunse ad una sentenza definitiva della Corte di Cassazione il 23 novembre 1995. Vennero condannati all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti, mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini.

Il 9 giugno 2000 la Corte d'Assise di Bologna emise nuove condanne per depistaggio: 9 anni di reclusione per Massimo Carminati, estremista di destra, e quattro anni e mezzo per Federigo Mannucci Benincasa, ex direttore del SISMI di Firenze, e Ivano Bongiovanni, delinquente comune legato alla destra extraparlamentare. Ultimo imputato per la strage è Luigi Ciavardini, con condanna a 30 anni confermata nel 2007. Anche lui continua a dichiararsi innocente.

Eventuali mandanti della strage non sono mai stati scoperti.


Stando quanto riportato dai media nel 2004 e ripreso nel 2007, Francesco Cossiga, in una lettera indirizzata a Enzo Fragalà, capogruppo di Alleanza Nazionale nella commissione Mitrokhin, ipotizza un coinvolgimento palestinese (per mano del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e del gruppo Separat di Iliz Ramirez Sanchez, noto come "comandante Carlos") dietro l'attentato.[3] Inoltre, nel 2008 Cossiga ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera in cui ribadiva la sua convinzione secondo cui la strage non sia da imputarsi al terrorismo nero, ma ad un "incidente" di gruppi della resistenza palestinese operanti in Italia. Si dichiara oltresì convinto dell'innocenza di Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti.
Dalla sua cella, a Parigi, il terrorista rosso Ilic Ramirez Sanchez afferma che «la commissione Mitrokhin cerca di falsificare la storia» e che «a Bologna a colpire furono CIA e Mossad», con l'intento di punire e ammonire l'Italia per i suoi rapporti di fiducia reciproca con l'OLP, che si era segretamente impegnato a non colpire l'Italia in cambio di una certa protezione.[5]
Nel maggio 2007 il figlio di Massimo Sparti (malvivente legato alla banda della Magliana e principale accusatore di Fioravanti) dichiara «mio padre nella storia del processo di Bologna ha sempre mentito».

In un allegato pubblicato in fascicoli del settimanale di destra L'Italia Settimanale nel corso del 1994 intitolato "Storia della prima Repubblica" viene fornita una particolare ipotesi sulla strage; viene accomunata alla strage di Ustica (ne viene definita letteralmente il "bis"); poi viene paragonata al caso di Enrico Mattei e al caso Moro. Il testo prosegue con
« L'Italia dalla nascita della prima Repubblica è stata, come tutti sanno, un paese a sovranità limitata (...) ora, nel momento in cui, per questioni contingenti (...) ha fatto - raramente - scelte che si sono rivelate in contrasto con le alleanze di cui vi dicevo, ha compiuto, detto in termini politico-mafioso-diplomatici, uno "sgarro". E come nella mafia quando un picciotto sbaglia finisce in qualche pilone di cemento o viene privato di qualche parente (in gergo si chiama "vendetta trasversale"). Così è fra gli Stati: quando qualche paese sbaglia, non gli si dichiara guerra; ma gli si manda un "avvertimento", sotto forma di bomba, che esplode in una piazza, su di un treno, su una nave, ecc ecc »


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La strage di Piazza Fontana fu conseguenza di un grave attentato terroristico avvenuto il 12 dicembre 1969 nel centro di Milano, quando, alle 16:37, una bomba esplose nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana, provocando la morte di diciassette persone ed il ferimento di altre ottantotto.

Per la sua gravità e rilevanza politica, tale strage ha assunto un rilievo storico primario venendo convenzionalmente indicata quale primo atto della Strategia della Tensione.

Una seconda bomba fu rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala, furono fatti i rilievi previsti, e successivamente fu fatta brillare[2] distruggendo in tal modo elementi probatori di possibile importanza per risalire all'origine dell'esplosivo e a chi avesse preparato gli ordigni. Una terza bomba esplose a Roma alle 16:55 dello stesso giorno nel passaggio sotterraneo che collegava l'entrata di via Veneto con quella di via di San Basilio della Banca Nazionale del Lavoro, facendo tredici feriti. Altre due bombe esplosero a Roma tra le 17:20 e le 17:30, una davanti all'Altare della Patria e l'altra all'ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia, facendo quattro feriti.

Si contarono dunque cinque attentati terroristici nel pomeriggio dello stesso giorno, concentrati, tra il primo e l'ultimo, in un lasso di tempo di soli 53 minuti, a colpire contemporaneamente le due maggiori città d'Italia, Roma e Milano.

Sebbene la vicenda sia tuttora oggetto di controversie, le responsabilità di questi attacchi possono essere ricondotte a gruppi eversrivi di estrema destra, che miravano a un inasprimento di politiche repressive e autoritarie tramite l'instaurazione di un clima di tensione nel paese.

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12 dicembre 1969: alle 16,30 un ordigno esplode all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano provocando 16 morti e 84 feriti. Quasi contemporaneamente altre tre bombe scoppiano a Roma (Altare della Patria, Museo del Risorgimento e Banca Nazionale del Lavoro) e a Milano e' sventato un attentato alla Banca Commerciale in piazza della Scala.

15 dicembre 1969: a Milano l'anarchico Giuseppe Pinelli precipita da una finestra della questura mentre viene interrogato. Lo stesso giorno e' arrestato Pietro Valpreda.

23 febbraio 1972: si apre a Roma il primo processo. Dopo 4 giorni la corte si dichiara incompetente e rinvia gli atti a Milano.

6 ottobre 1972: la Cassazione assegna la competenza a Catanzaro.

18 gennaio 1977: comincia il processo di Catanzaro.

4 ottobre 1978: a Catanzaro la polizia accerta la scomparsa di Franco Freda, imputato nel processo, in soggiorno obbligato, dal suo appartamento di via Plotino. La scomparsa e' avvenuta tra il 29 settembre e il primo ottobre.

16 gennaio 1979: a Catanzaro Giovanni Ventura, uno degli imputati, elude la sorveglianza della polizia e fugge.

23 febbraio 1979: a Catanzaro si conclude il processo per la strage, cominciato il 18 gennaio 1977, con la sentenza della Corte d'Assise che condanna all'ergastolo Franco Freda, Giovanni Ventura e l'ex agente Z del Sid Guido Giannettini, a quattro anni di reclusione ciascuno Pietro Valpreda e Mario Michele Merlino e a due anni di reclusione il capitano Antonio Labruna.

12 agosto 1979: a Buenos Aires viene arrestato Giovanni Ventura per possesso e uso di documento falsi.

23 agosto 1979: Franco Freda viene catturato in Costa Rica e poi estradato in Italia.

20 marzo 1981: a Catanzaro si conclude il processo di secondo grado, cominciato il 22 maggio 1980. La sentenza della Corte d'assise d'appello assolve per insufficienza di prove dall'accusa di strage Franco Freda e Giovanni Venturama li condanna a 15 anni di reclusione, di cui tre condonati, per gli attentati di Padova (13 aprile 1969) e di Milano (25 aprile 1969); assolve per insufficienza di prove dall'accusa di strage Guido Giannettini e ne ordina la scarcerazione; conferma l'assoluzione per insufficienza di prove dall'accusa di strage e la condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione per associazione sovversiva a Mario Merlino e Pietro Valpreda. La Corte d'assise d'appello condanna inoltre il generale Gian Adelio Maletti a due anni e il capitano Antonio La Bruna a 14 mesi di reclusione per falsita' materiale e li assolve dalle accuse di tentativo di evasione, falso ideologico e favoreggiamento; assolve il maresciallo Gaetano Tanzilli (ex Sid) per insufficienza di prove dall'accusa di falsa testimonianza; dichiara inammissibile l'accusa di associazione sovversiva per Massimiliano Fachini.

23 agosto 1981:la commissione parlamentare inquirente decide di archiviare la pratica per il reato di favoreggiamento nei confronti di Mario Tanassi, Giulio Andreotti e Mariano Rumor e di archiviare le pratiche per i reati di omissione di atti di ufficio, rivelazione di segreti di ufficio e abuso generico di atti di ufficio contro Mario Zagari.

14 ottobre 1981:la Procura generale di Catanzaro riapre l'inchiesta sulla strage emettendo due comunicazioni giudiziarie contro l'ex capo di "Avanguardia Nazionale" Stefano Delle Chiaie per reato di strage e contro Merlino per associazione sovversiva in concorso con Delle Chiaie.

10 giugno 1982: la Corte di Cassazione annulla la sentenza della Corte d'assise d'appello di Catanzaro e rinvia il processo alla Corte d'assise d'appello di Bari. La sentenza della Cassazione conferma la sola parte della sentenza che assolve Guido Giannettini e annulla le parti che assolvono dall'accusa di strage Franco Freda, Giovanni Ventura, Pietro Valpreda e Mario Merlino.

23 dicembre 1982: a Catanzaro il giudice istruttore Emilio Ledonne, che si occupa insieme con il sostituto procuratore Domenico Porcelli della quarta istruttoria sulla strage, emette mandato di cattura contro Stefano Delle Chiaie.

1 agosto 1985: a Bari la Corte d'Assise d'appello assolve per insufficienza di prove Franco Freda, Giovanni Ventura, Mario Merlino e Pietro Valpreda. Gli ex ufficiali del Sid Gian Adelio Maletti e Antonio Labruna sono condannati rispettivamente a un anno di reclusione e a dieci mesi per falsita' ideologica in atto pubblico e il maresciallo Gaetano Tanzilli e' assolto per non aver commesso il fatto.

31 agosto 1985:le autorita' argentine scarcerano Giovanni Ventura. Dopo la sua assoluzione il governo italiano ha ritirato la richiesta di estradizione.

1 marzo 1986: a Lecce la sezione di sorveglianza presso la Corte d'appello concede la semiliberta' a Franco Freda che sta scontando nel carcere di Brindisi una condanna a 15 anni di reclusione per associazione sovversiva inflittagli dalla Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro.

27 gennaio 1987: la Corte di Cassazione dichiara inammissibili o rigetta tutti i ricorsi presentati dagli imputati e dal procuratore generale della Corte d'assise d'appello di Bari contro la sentenza di secondo grado pronunciata da quella Corte il primo agosto 1985, rendendola definitiva.

27 marzo 1987: a Caracas agenti della Disip (Direccion de servicios de inteligencia y prevencion) arrestano Stefano Delle Chiaie (50 anni). Il 31 marzo Delle Chiaie viene trasferito a Roma nel carcere di Rebibbia.

20 febbraio 1989: la Corte d'Assise di Catanzaro assolve per non avere commesso il fatto Stefano Delle Chiaie e Massimiliano Fachini, che erano stati rinviati a giudizio dal giudice istruttore del tribunale di Catanzaro, Emilio Ledonne, al termine della quarta istruttoria sull'attentato. Il processo era iniziato il 26 ottobre 1987. Delle Chiaie viene scarcerato.

5 luglio 1991:la Corte di Assise di appello di Catanzaro assolve Delle Chiaie dalle imputazioni di concorso nella strage di piazza Fontana e di associazione eversiva.

11 aprile 1995: a conclusione di quattro anni di indagini svolte sull'attivita' di gruppi eversivi dell'estrema destra a Milano, un'inchiesta parallela a quella sulla strage di Piazza Fontana, il giudice istruttore Guido Salvini rinvia a giudizio Giancarlo Rognoni, Nico Azzi, Paolo Signorelli, Sergio Calore, Carlo Digilio e Ettore Malcangi e trasmette a Roma gli atti riguardanti Licio Gelli per il reato di cospirazione politica per il quale, comunque, non si potra' procedere perche' il gran maestro della Loggia P2 non ha avuto l'estradizione dalla Svizzera per questo reato.

17 maggio 1995: arrestato l'ex agente della Cia Sergio Minetto.

10 novembre 1995: Il tg di Videomusic dice che il giudice Salvini 'si e' formato l'opinione' che l'autore della strage sarebbe Delfo Zorzi. Il giudice protesta per la fuga di notizie.

23 luglio 1996: arrestati Roberto Raho, Pietro Andreatta, Piercarlo Montagner e Stefano Tringali, accusati di favoreggiamento personale aggravato.

14 giugno 1997: il gip Clementina Forleo emette due ordini di custodia, uno per Carlo Maria Maggi, l'altro, non eseguito, nei confronti di Delfo Zorzi, da vari anni imprenditore in Giappone.

21 maggio 1998: La Procura di Milano chiude l'inchiesta sulla strage di Piazza Fontana (21 dicembre 1969 alla Banca dell'Agricoltura) e deposita la richiesta di rinvio a giudizio per otto persone, tra cui: Carlo Maggi, il medico veneziano a capo di Ordine Nuovo nel Triveneto nel 1969; Delfo Zorgi, neofascista di Mestre oggi miliardario in Giappone; Giancarlo Rognoni, milanese, allora a capo della '? Fenice''; Carlo Digilio, esperto di armi e esplosivi in contatto anche con i servizi segreti, che e' l'unico 'pentito' dell'inchiesta; e i due ex appartenenti ad Ordine Nuovo Andreatta e Motagner, accusati di favoreggiamento. I magistrati della procura milanese hanno tenuto aperto uno 'stralcio' riguardante Dario Zagolin, che secondo alcune testimonianze sarebbe stato in contatto con Licio Gelli, presunto stratega dei progetti golpisti che avrebbero fatto da sfondo alle stragi di quegli anni, e un altro riguardante la 'squadra 54', un nucleo speciale di quattro poliziotti dell'Ufficio Affari riservati del Viminale, spediti a Milano nei giorni dell'attentato di Piazza Fontana.

13 aprile 1999: con una serie di eccezioni preliminari comincia l'udienza preliminare del processo d'appello.

8 giugno 1999: il gip Clementina Forleo rinvia a giudizio l'imprenditore Delfo Zorzi, latitante in Giappone, il medico Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, presunti responsabili, a vario titolo, di aver organizzato ed eseguito la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e Stefano Tringali con l'accusa di favoreggiamento nei confronti di Zorzi.

16 febbraio 2000: comincia in seconda sezione della Corte d'Assise di Milano il nuovo processo, ma la prima udienza dura solo 20 minuti per lo sciopero degli avvocati.

24 febbraio 2000: Davanti ai giudici della seconda Corte d'assise di Milano inizia il processo.

30 giugno 2001: I giudici della seconda Corte d'assise accolgono le conclusioni dell'accusa e condannano Zorzi, Maggi e Rognoni all'ergastolo. Tre anni a Tringali, prescritto Digilio. 1 luglio 2001: la Corte di Assise di Milano condanna all'ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Prescrizione per Carlo Digilio, esperto d'armi e collaboratore della Cia: ha collaborato e la corte gli ha riconosciuto le attenuanti generiche.

19 gennaio 2002: Depositate le motivazioni. I pentiti Digilio e Siciliano sono credibili.

6 luglio 2002: Muore Pietro Valpreda, 69 anni, il ballerino anarchico che fu il primo accusato per la strage.

16 ottobre 2003: A Milano comincia il processo presso la Corte d'assise d'appello.

22 gennaio 2004: Al termine della requisitoria, il sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale chiede la conferma della sentenza di primo grado e invita la Corte a trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica per accertare eventuali reati di falsa testimonianza in alcune deposizioni di testi a difesa.

12 marzo 2004: La Corte d'assise d'appello di Milano assolve Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, i tre imputati principali della strage, per non aver commesso il fatto. Riducono invece da tre a un anno di reclusione la pena per Stefano Tringali, accusato di favoreggiamento.

21 aprile 2005: Approda di nuovo in Cassazione la vicenda giudiziaria. La Suprema Corte deve esaminare il ricorso presentato dalla Procura generale milanese contro l'assoluzione disposta dalla Corte d'assise d'appello.

3 maggio 2005: La Cassazione chiude definitivamente la vicenda giudiziaria confermando le assoluzioni di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. (3 maggio 2005)

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Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).

Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.

Pier Paolo Pasolini

Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.

Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.

Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).

Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.

Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. 12 dicembre 1969: alle 16,30 un ordigno esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano provocando 16 morti e 84 feriti Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...
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Nessuna pace con lo Stato", firmato Federazione anarchica
Torino: scritte sui muri contro Calabresi
Imbrattati anche i muri della sede della Stampa.


Torino - La Federazione anarchica ha rivendicato le scritte contro il Commissario Luigi Calabresi comparse domenica notte sui muri di alcune sedi del Pd e della sede del quotidiano La Stampa, che da pochi giorni è diretto da Mario Calabresi, il figlio del commissario ucciso.
"Calabresi assassino. Pinelli assassinato, nessuna pace con lo Stato", si legge nelle scritte, che fanno riferimento all'incontro tra la vedova di di Calabresi e quella dell’anarchico Giuseppe Pinelli.
L'incontro è avvenuto in occasione della giornata dedicata alle vittime del terrorismo, su iniziativa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La Federazione anarchica torinese aveva contestato quell'iniziativa anche attraverso un volantino, in cui criticava "l'equiparazione tra vittime e carnefici".