domenica 7 febbraio 2010

pag. 15 ) L'incidente provocato....

Incidente o omicidio?

L'incidente nel quale Mattei perì fu, almeno temporalmente, preceduto
da alcuni accadimenti che, a posteriori, taluni hanno inteso interpretare
come espressivi presagi.A proposito dell'Algeria, Mattei aveva dichiarato
che non avrebbe accettato le pur allettanti concessioni sul Sahara se
non quando quello Stato avesse finalmente raggiunto l'indipendenza.
Ciò contrastava con una proposta appena ricevuta da parte delle sette
sorelle, che disperatamente cercavano di coinvolgere l'Eni in una politica
comune, ritenendo che tutto il polverone italiano fosse stato sollevato
al fine di barattare migliori condizioni commerciali.
Con la sua sortita, Mattei aveva invece messo in ulteriore difficoltà
il cartello antagonista, obbligandolo implicitamente a schierarsi per
la Francia o contro di essa, per gli indipendentisti o contro di essi.
Per la prosecuzione del colonialismo economico o contro di esso.
Ed un qualsiasi sbilanciamento in questo senso delle sette sorelle avrebbe meccanicamente schierato anche il governo statunitense.

Ricevette "perciò", una suggestiva missiva dell'Organisation armée
secrète (OAS), un organismo armato francese ufficialmente clandestino
che gli preannunciava le possibili funeste evoluzioni di una sua
eventuale pertinacia nell'appoggiare il Fronte di liberazione algerino.
Le minacce, i cui tempi e modi di trasmissione erano stati accortamente
studiati, ebbero l'effetto di preoccupare Mattei, che non poté nascondere
i suoi crucci alla moglie ed al capo della sua scorta, un fidato amico
partigiano; questi immediatamente creò un ulteriore cordone di sicurezza
attorno al dominus dell'Eni, distanziandone la scorta ufficiale composta
di poliziotti e carabinieri (ed agenti del SIFAR, quantunque Mattei
controllasse anche questo) e frapponendovi una squadra di altrettanto
fidati amici dei tempi della Resistenza.

L'8 gennaio 1962 Mattei era atteso in Marocco per l'inaugurazione di
una raffineria, ma il pilota del suo aereo personale, accorgendosi di
una lievissima sfumatura sonora da uno dei reattori, scoprì un giravite
fissato con del nastro adesivo ad una delle pareti interne del motore.

L'episodio, classificato come banale dimenticanza dei tecnici, poteva
con una certa probabilità provocare una sciagura con la seguente dinamica:
il calore del reattore avrebbe sciolto il nastro, il cacciavite risucchiato
sarebbe finito nel reattore stesso, che sarebbe esploso senza lasciar
traccia dell'oggetto, potendo il tutto poi apparire come un incidente
motorio.

Tra la fine del settembre dello stesso anno e l'inizio del mese successivo,
Mattei ricevette Leonid Kolosov, capo-centro del KGB sovietico per l'Italia settentrionale, il quale gli segnalò che contro la sua persona erano in corso progetti di neutralizzazione.
La sera del giorno dopo,[39] il 27 ottobre, l'aereo Morane-Saulnier MS-760
Paris su cui stava tornando da Catania a Milano, precipitò nelle campagne
di Bascapè, un piccolo paese in provincia di Pavia, mentre durante un
violento temporale si stava avvicinando all'aeroporto di Linate.
Morirono tutti gli occupanti: Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi ed il
giornalista statunitense William Mc Hale.
Le indagini svolte dall'Aeronautica militare italiana e dalla procura di
Pavia sull'ipotesi di attentato, si chiusero inizialmente con un'archiviazione .
In seguito, nel 1997, il ritrovamento di reperti che potevano ora essere
analizzati con nuove tecnologie, fece riaprire le indagini giudiziarie.
Queste stavolta si chiusero con l'ammissione che l'aereo «venne dolosamente abbattuto», senza però poterne scoprire né i mandanti, né gli esecutori.
In particolare, un'analisi metallografica dell'anello d'oro e dell'orologio indossati da Mattei, predisposta dal perito prof. Donato Firrao, dimostrò
che gli occupanti dell'aereo furono soggetti ad una deflagrazione.
Nell'aereo si è certificato fu inserita una bomba stimata in 150 grammi
di tritolo posti dietro al cruscotto dell'apparecchio che si sarebbe
attivata durante la fase iniziale di atterraggio,[40] attivata forse
dell'accensione delle luci di atterraggio o dall'apertura del carrello
o dai flap.Il sostituto procuratore Vincenzo Calia, che aveva riaperto
il caso, sulla base delle sue risultanze si spinse ad affermare che
«l'esecuzione dell'attentato venne pianificata quando fu certo che
Enrico Mattei non avrebbe lasciato spontaneamente la presidenza
dell'ente petrolifero di Stato».
L'onorevole Oronzo Reale ha affermato che il mandante dell'omicidio
di Mattei era stato il suo ex braccio destro all'ENI Eugenio Cefis,
che pochi mesi prima era stato costretto alle dimissioni dallo stesso
Mattei quando questi si sarebbe reso conto che Cefis era manovrato
dalla CIA.
Pochi giorni dopo l'attentato Cefis fu reintegrato nell'ENI come vice
-presidente e successivamente ne divenne presidente stesso. Cefis non
fu mai incriminato ufficialmente.

Post mortem Secondo molti osservatori, la vicenda di Mattei non si
concluse con la sua morte, anzi avrebbe avuto echi nell'immediato
come a lungo termine.
Innanzitutto va detto che l'incidente di Bascapé impedì di perfezionare
un accordo di produzione con l'Algeria, indubbiamente un legame in potenza contrastante con gli interessi delle sette sorelle.
Inoltre, alcune delle persone che ebbero a che fare con Mattei:
Il caso più noto è certamente quello del giornalista Mauro De Mauro,
il quale si era mostrato assai disponibile a fornire a Francesco Rosi,
autore del noto film, materiale (probabilmente nastri magnetici audio)
ritenuto di estremo interesse per la ricostruzione dei fatti che il
regista andava raccogliendo come base documentale per la sceneggiatura.
Pochissimo prima dell'incontro previsto con Rosi, De Mauro (che aveva
lavorato anche a "Il Giorno") scomparve nel nulla.
Ufficialmente considerato un delitto di mafia, il caso De Mauro è riemerso
in tempi recenti a seguito delle dichiarazioni di un pentito, Tommaso
Buscetta, il quale lo poneva in collegamento con la morte di Mattei e
suggeriva che anche l'incidente di Bascapé fosse stato un "favore"
reso dalla mafia a ignoti, forse stranieri.


Per combinazione, la maggior parte degli investigatori che si occuparono
della scomparsa di De Mauro, tanto della Polizia quanto dei Carabinieri, effettivamente morirono a loro volta assassinati dalla mafia; il più famoso
fra loro era il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel frattempo divenuto
prefetto di Palermo, e la stessa fine toccò al vicequestore Boris Giuliano,
capo della Squadra Mobile della stessa città.
Curiosamente, una delle ultime opere di Pier Paolo Pasolini fu un romanzo
dal titolo Petrolio.
Lo stesso Pasolini si interessò molto alla figura di Mattei, ma anche e
soprattutto al mistero della sua morte.
Nel 1986, seguendo di poco un'espressiva sortita del capo del SISMI,
l'ammiraglio Fulvio Martini, e nello stesso senso, Fanfani parlò
apertamente dell'incidente come di un "abbattimento", definendolo
forse il primo atto di terrorismo aeronautico in Italia.
Cui prodest?
Visto che si trattò di attentato, come la nuova indagine giudiziaria,
iniziata nel 1997 e conclusa nel 2005, dimostrò, moventi davvero non
mancavano a nessuno fra i più reputati "operatori" del settore.

Che le sette sorelle potessero trarre ragione di sollievo dalla morte
di Mattei è, più che ovvio, quasi sottinteso: l'unico concorrente in
grado di metterle in difficoltà le aveva costrette a rivedere tutti
gli accordi, compresi quelli già correnti, dopo il suo ingresso in
questo terribile mercato. Le perdite (in realtà, i minori introiti)
ascrivibili a Mattei superavano il bilancio medio di uno Stato medio,
e per molto meno si fanno anche guerre. La tradizionale vicinanza
delle sette sorelle con il governo degli Stati Uniti, è stato detto,
non consente di escludere che organizzazioni come la CIA possano
aver giocato un loro ruolo.

La CIA, impegnata in una fase cruciale della guerra fredda, nei
giorni in cui si chiudeva la crisi dei missili di Cuba, avrebbe
avuto quindi anche altre buone ragioni per eliminare Mattei, che con
la Russia aveva allestito una linea commerciale (rompendo l'embargo
politico): oltre a dare un monito a chi avesse inteso fare affari
con Mosca, avrebbe potuto inviare con l'attentato un'espressiva
ingiunzione anche alla stessa capitale sovietica, impegnata nel
braccio di ferro missilistico, disturbandola nel suo
approvvigionamento finanziario-energetico.
E per altro verso, come a posteriori dichiarerà il generale De
Paolis amico di Mattei, si intravedono diretti avvertimenti in
alcuni interventi politico-giornalistici di poco precedenti,
divulgati dalla stampa statunitense, con i quali si rimproverava
all'Italia di esser venuta meno ad impegni di lealtà derivanti
dall'Alleanza Atlantica, dal diktat e addirittura dall'armistizio
di Badoglio.

Su altri versanti, dalla Francia l'OAS aveva buoni motivi per frapporsi all'evoluzione politica algerina cui tanto Mattei andava contribuendo.
Intanto la morte di Mattei impedì, come si è detto, il perfezionamento
di un importante accordo. Inoltre venne meno una voce che ispirava
alla popolazione come ai notabili locali la frattura con Parigi,
facendo loro intravedere spiragli di beneficio derivabili dall'eventuale
gestione diretta delle risorse petrolifere, al momento condizionate,
se non proprio governate, dalla Francia.
Nel 1962 Mattei non era solo l'ago della bilancia del potere italiano,
era proprio il potere; era antitetico allo Stato in quanto lo controllava solleticandolo nell'attitudine alla corruttela e lo surrogava (sollevandolo dall'onus di attribuirsi un indirizzo economico, programmatico e di relazioni estere).
Ad ogni modo, chiunque sia stato il mandante, pare ormai alquanto probabile
che l'esecuzione sia stata affidata ad esperti locali, e che la casalinga
mafia abbia quindi prestato il suo braccio (non è dato sapere in cambio
di cosa) offrendo appetibili servizi i cui potenziali acquirenti erano
numerosi.



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